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Società
Il cyberbullismo spiegato da uno psicologo: prevenirlo, riconoscerlo e arginarlo
Il 61% dei casi di bullismo avvengono sui social network, l’80% a scuola. Il 38% delle vittime vede compromesso il proprio rendimento scolastico, il 65% perde la voglia di socializzare. Numeri che emergono dalla ricerca Ipsos per Save the Children e ripresi da Bullyctionary, il primo dizionario online scritto con i ragazzi che raccoglie e monitora le parole più usate dai bulli in rete. Il progetto di Generali Italia, in partnership con Informatici Senza Frontiere (una Onlus di cui abbiamo già parlato QUI), si sviluppa anche con incontri in tutta Italia rivolti alle famiglie grazie al team di esperti di ISF e psicologi. Ed è proprio con lo psicologo Mario Polisciano che fa parte del team di progetto che abbiamo parlato di cyberbullismo.
Bullismo e cyberbullismo: la differenza
«Il bullismo e il cyberbullismo – spiega Polisciano – sono entrambi atti aggressivi intenzionali, messi in atto da un individuo o da un gruppo di individui. Nel bullismo classico la violenza si compie attraverso delle violenze fisiche, verbali o indirette mentre nel cyberbullismo la violenza avviene attraverso la rete». «Sia chiaro – continua – che non è la tecnologia a generare il cyberbullismo, ma l’uso inconsapevole che il bullo ne fa».
Ma quali sono le differenze? «Innanzitutto – spiega Polisciano – nel cyberbullismo entrano in gioco l’anonimato e la distanza fisica, che inducono maggiore coraggio a chi desidera prevaricare un compagno. Nel rapporto faccia a faccia esiterebbero a farlo. Poi, l’identità: è molto difficile, per la vittima, conoscere l’identità e il numero degli autori di tali prepotenze. C’è uno squilibrio di potere. Inoltre, nel bullismo classico le prepotenze devono essere compiute costantemente ma nel cyberbullismo, purtroppo, a volte basta una foto o un video. Infine, gli strumenti tecnologici: limitano l’interazione diretta con la vittima così che risulti difficile condividerne la sofferenza, manca l’empatia».
Come prevenire il cyberbullismo
Secondo Polisciano, per prevenire il cyberbullismo è necessario educare i nostri figli e i nostri alunni ad un uso consapevole e intelligente della tecnologia, assicurandosi che il tempo di esposizione dei ragazzi alle nuove tecnologie sia quantitativamente e qualitativamente adeguato. «Inoltre – aggiunge lo psicologo – è bene comportarsi nel mondo virtuale come se si fosse in piazza o nella vita reale. Poi, coinvolgere le istituzioni scolastiche con progetti formativi per un uso consapevole della tecnologia e per la prevenzione del cyberbullismo non solo per gli alunni, ma anche per gli insegnanti». Ovviamente è importante aiutare i genitori a far conoscere e utilizzare al meglio la tecnologia e tutte le nuove app, così come promuovere quei valori che possano aiutare a prevenire il fenomeno: la conoscenza reciproca, il rispetto verso le altre realtà socio-culturali e religiose e il rispetto delle regole della convivenza civile.
Individuare il cyberbullismo
Quando non basta la prevenzione, bisogna essere scaltri a riconoscere il fenomeno. Il cyberbullismo si può individuare «attraverso i segnali che i nostri figli lanciano – racconta Polisciano – come ad esempio apparire nervosi quando ricevono un messaggio o una mail, non voler andare a scuola, essere costantemente arrabbiati, avere disturbi del sonno durante la notte, ritirarsi socialmente, distaccarsi improvvisamente dallo smartphone/tablet, registrare perdite o aumento di peso improvviso. Per gestire queste situazioni è fondamentale comunicare e avere fiducia nei propri figli/alunni e se necessario bisogna rivolgersi a dei professionisti».
Il ruolo dei genitori
Ovviamente il ruolo che ricoprono i genitori nella prevenzione di questi fenomeni è fondamentale. «Dovrebbero ascoltare i figli – sottolinea Polisciano – ed essere più presenti, non farli sentire soli, imparare ad usare la tecnologia, informarsi sulle nuove tendenze e, nel caso del bisogno, imparare a chiedere aiuto». Per esempio, è bene non affidare ai figli uno smartphone prima degli 11 anni, impedendo loro di aprire un account social prima dei 13.
Come si può aiutare una vittima di cyberbullismo?
Una vittima di cyberbullismo va aiutata e sostenuta insieme a gli attori coinvolti. Bisognerebbe evitare rimproveri non costruttivi e allearsi sia con i nostri figli/alunni, sia con genitori, insegnanti, ecc. Con i ragazzi bisognerebbe aprire un dialogo comprendendo ciò che gli sta accadendo e rendendoli in grado di gestire le relazioni che hanno con gli altri pari. Ciò può avvenire solo con una comunicazione emozionale efficace che quindi è ben lontana da un interrogatorio che non ci permette di conquistare la fiducia dei nostri figli/studenti. Inoltre è necessario permettere ai nostri figli di trasformare la paura in coraggio. Tutto ciò potrebbe avvenire con la massima collaborazione tra le parti (ragazzo, genitori, scuole, ecc.) ma è consigliabile consultare degli esperti che hanno gli strumenti adatti per sostenere la sfera affettiva ed emotiva della vittima e per coinvolgere e sostenere le diverse parti coinvolte.
Da cosa scaturisce il comportamento del cyberbullo?
Polisciano spiega come i bulli e i cyberbulli abbiano delle difficoltà emotive – affettive ed esibiscano un livello di rabbia e aggressività che scaricano su altri, scelti purtroppo per la loro vulnerabilità. «Spesso i cyberbulli – analizza lo psicologo – sono frustrati, si sentono trascurati, a loro volta sono state vittime di bullismo e a volte non hanno modelli comportamentali familiari».
Si può aiutare un cyberbullo a comprendere il danno dei suoi comportamenti?
«Il cyberbullo – indica Polisciano – va aiutato a incanalare la sua rabbia in comportamenti non violenti. Ha bisogno di vivere delle esperienze positive, come ad esempio delle attività di volontariato che gli permettono di vedere le cose da una prospettiva diversa. Quando il cyberbullo riuscirà a reimpossessarsi del suo equilibrio psico-socio-affettivo, allora prenderà consapevolezza anche dei propri errori e dei suoi comportamenti aggressivi».